SEMPER FIDELIS ovvero il vaso di Pandora
Regia e drammaturgia Saverio Tavano
Un padre, una madre, un figlio, qualsiasi.
Il vaso di Pandora è uno dei tanti elementi che ci provengono dalla mitologia greca; esso era il contenitore di tutti i mali che si riversarono nel mondo una volta che fu aperto. Ne parla il poeta Esiodo ne Le opere e i giorni. Il vaso era un dono che Pandora aveva ricevuto da Zeus; questi le aveva raccomandato di non aprirlo, ma Pandora, alla quale Ermes aveva fatto il dono della curiosità, non si trattenne, liberando così tutti i mali del mondo; anche la speranza era presente all’interno del vaso, ma non fece in tempo a uscire prima che il vaso fosse richiuso. Ma nella nostra storia cosa conserva Pandora dentro il suo vaso? A differenza della Pandora del mito, è consapevole del contenuto: le vicende di abuso di potere del capofamiglia, marito, padre e uomo delle forze dell’ordine.
Cosa accade in un uomo il cui potere lo spinge oltre il proprio limite fino a farne un abuso?
Secondo vari teorici, tra cui il professor Jerome Skolnick, questo comportamento si radicalizza negli anni di attività e carriera, ove, avendo a che fare con elementi disagiati e deviati, con la forzatura della legge, con casi molto sensibili di violenza e omicidio, la mente degli addetti all’ordine subisce una regressione, assumendo posizioni di carattere autoritario e repressivo, giustificate come unico mezzo di mantenimento della legge. Siamo partiti da questi casi nel tentativo di analizzare le dinamiche psicologiche che pongono l‘individuo “sacrificante” nella posizione autoindotta di agnello sacrificale e il suo torturatore nella posizione immediata di aguzzino. Esiste una relazione tra i due elementi che fonda le proprie origini nell’antichità e nella ritualità umana. Perché la violenza rituale – o la rievocazione rituale della violenza – ristora, guarisce, purifica, fa capire il senso profondo delle cose e addirittura mette in contatto con Dio? Dai riti cruenti della più remota antichità alle sacre rappresentazioni, dalla tragedia greca al moderno sport, dall’ ascetismo alla psicoanalisi, l’uomo ha sempre intuito e ricercato il potenziale trasformativo-terapeutico insito nell’accostamento rituale di vita e morte, innocenza e brutalità, onnipotenza e impotenza, non senza stravolgerlo, spesso, in forme strumentali e perverse. Violenza e famiglia, un binomio perfetto.